Spreco Apocalittico

La rivista scientifica PLoS ONE ha di recente pubblicato lo studio “Global Monthly Water Scarcity: Blue Water Footprints versus Blue Water Availability” realizzato dagli scienziati dell’Università di Twente in collaborazione con il Water Footprint Network, Nature Conservancy e WWF.

Analizzando i flussi idrici di 405 bacini fluviali sparsi in tutto il mondo nel periodo tra il 1996 e il 2005 è emerso che 201 di questi hanno una grave carenza d’acqua almeno un mese all’anno.  Il dato è a dir poco allarmante visto che da questi fiumi dipende l’approviggionamento idrico di circa 2 miliardi e 700 milioni di esseri umani.

Lo studio, basandosi sul concetto di  impronta idrica ( ossia un indicatore di sostenibilità dell’utilizzo di acqua dolce avente a parametri  l’uso, diretto e  indiretto, da parte di consumatori e produttori), riesce a dare una precisa ed accurata mappa mondiale della situazione idrica su base mensile.

Ad assorbire la gran parte delle risorse idriche mondiali  sono le attività relative ad agricoltura e allevamento che richiedono il 92% dell’impronta idrica mondiale, a fronte del restante 8% destinato a tutte le altre attività, industriali e domestiche comprese.

Preso atto di ciò non  resta che sorridere di tutte le campagne di sensibilizzazione verso un coscienzioso uso domestico dell’acqua potabile. In pratica, se “per “per ottenere un chilogrammo di bistecca sono necessari 15.000 litri di acqua”  (lo afferma Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf), a che serve mettere l’ormai classico mattone nello sciacquone? Non converrebbe  togliere il mattone, avere uno wc più “sciacquato”, e consumare un kg in meno di bistecca al mese?

In pratica si  rincitrullisce la popolazione (almeno quella sensibile al tema) con la storia del “non tenere  l’acqua aperta  mentre ti lavi i denti” mentre il 92% (novantadue!)  delle risorse idriche serve a produrre cibo, cibo, cibo e ancora cibo che finirà per la maggior parte nelle pattumiere di mezzo mondo con tutta la sua bella impronta idrica al seguito.

 

 

One comment

  1. Questo è solo un altro modo con cui l’1% ci prende per i fondelli deviando l’attenzione non sul vero problema ma su una parte meno rilevante di questo, quella che non danneggia i loro interessi.
    Un altro esempio è la raccolta differenziata: ci fanno credere che l’impatto del nostro contributo sarebbe sostanziale, quando in realtà il loro obbiettivo è avere qualcuno che differenzi i rifiuti al loro posto (e quindi ridurre i loro costi) e poter riciclare le varie parti come l’alluminio (e quindi guadagnare sulla rivendita di questo)… ma qualcuno ha visto un impatto in positivo sulle sofferenze del pianeta in seguito alla raccolta differenziata? O almeno sulle nostre bollette?

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