Crisi economica e profezie (parte 2)

Nella prima tappa del nostro percorso abbiamo messo da parte la parola profezia per concentrarci sulla parola econonomia, approdando all’analisi della cosiddetta economia delle cose, che si può riassumere in un semplice concetto: il capitalismo è stato scientemente fatto degenerare nel consumismo che divora risorse per produrre superfluo destinato a sempre nuovi bisogni indotti e, quindi, in brevissimo alla pattumiera sinonimo di distruzione ambientale.

Esiste una distinzione netta tra economia reale ed economia finanziaria.

L’economia reale, che per lunghi tratti coincide con l’economia delle cose, si può definire come la produzione e la distribuzione di beni e servizi. L’economia finanziaria si può definire come la gestione di capitali attraverso mezzi finanziari quali possono essere azioni, titoli di stato…

Approfondiremo più avanti entrambi i concetti. Quello che ci serve sapere adesso è che se l’economia reale coincide con l’economia delle cose, l’economia finanziaria coincide con quella che possiamo definire l’economia della carta.

Economia della carta vuol dire che i soldi acquisiscono quasi esclusivamente un valore nominale, scritto su un foglio di carta appunto o, se preferite, sul monitor di un pc.

Quando si sente dire che lo “spred tra titoli di stato e bund tedeschi è salito” vuol dire che l’interesse pagato dall’Italia a chi compra una quota del suo debito, si è alzato rispetto a quanto paga la Germania a chi compra una quota del debito tedesco, ovvero il rischio che l’Italia non riesca a restituire il denaro è molto più alto rispetto alla Germania.

Un’operazione di economia finanziaria può essere così descritta: una banca invece di concedere un mutuo ad un tasso di interesse relativamente basso (ad esempio del 4% annuo) ad un’azienda per l’acquisto di un macchinario all’avanguardia o ad una “giovane coppia” che vuole acquistare la sua prima casa, preferisce acquistare quote del debito italiano che frutteranno un interesse annuo maggiore (ad  esempio il 7%).

Ecco che un investimento in denaro invece di tramutarsi in beni, e quindi in economia reale, rimane “sulla carta” nel limbo dell’economia finanziaria.

Qualcuno potrebbe obiettare che la banca alla fine dell’operazione disporrà di più denaro da indirizzare all’economia reale. Ecco, il punto è proprio questo. La banca (e qui con “banca” vogliamo intendere anche e soprattutto una serie di entità, dagli Stati alle agenzie di investimento) non lo sta facendo più da un bel pezzo.

E da quando la finanza mondiale si è concentrata sui profitti provenienti dall’economia della carta qualche economista ha iniziato a profetizzare la crisi economica.

E’ questo il caso di Lyndon LaRouche, controverso uomo politico ed economista statunitense (anche se pare non abbia mai conseguito una laurea)  che nel curriculum vanta diversi scritti di economia contenenti una serie di profezie economiche che si sarebbero tutte avverate.

A lui Giovanni Minoli, autorevole giornalista, dedica il seguente  interessante passaggio nel suo seguitissimo “La Storia siamo Noi”:

httpv://www.youtube.com/watch?v=CkhvKO1pLNc

Ecco che la parola profezia e il concetto di “profezia economica” torna preponderante nel nostro percorso completamente depurato da ogni sfumatura esoterica.

 

 

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