Ad un anno esatto dal disastro di Fukushima,l’11 marzo 2012, uscirà il rapporto di Greenpeace “Lezioni da Fukushima”. I contenuti sono allarmanti. Secondo calcoli ufficiali, avendo 400 reattori in funzione si dovrebbe verificare un incidente con “fusione del nocciolo” ogni 250 anni. L’accettabilità di questo dato è già di per sè alquanto discutibile, anche a fronte dei benefici derivanti dall’approviggionamento energetico. Purtroppo i calcoli ufficiali vengono sonoramente smentiti dai dati reali che vedono 3 incidenti con fusione del nocciolo in 32 anni: Three Mile Island nel 1979, Chernobyl nel 1986, Fukushima nel 2011.
A rendere più fosco il quadro concorre l’elenco degli errori commessi quando l’incidente avviene:
1. inefficienza dei piani di emergenza ed evacuazioni caotiche;
2. reticenza (se non addirittura mancanza di volontà) delle fonti ufficiali nell’offrire informazioni corrette e dettagliate sulla situazione;
3. utilizzazione non corretta dei software per prevedere la ricaduta.
4. sostanziale irresponsabilità delle società proprietarie degli impianti a fronte dell’incalcolabilità dei danni provocati.
5. inefficienza dei piani di decontaminazione.
L’elenco non è certamente esauriente, ma rende chiara in maniera inequivocabile la vera questione di fronte a questo tipo di incidenti: l’impotenza.
Se è vero che tutti e tre i reattori sono sati “spenti”, è altrettanto vero che i danni, sia nel breve che nel lungo periodo, restano incalcolabili e incancellabili. La radiottività non rimane circoscritta nei luoghi dell’incidente, ma si insinua nella catena alimentare, silenziosa e letale come un killer ninja. Efficientissimo. Apocalittico.
se si contano anche gli incidenti di minore entità sono più di 3 in 32 anni!