Ogni terremoto che si abbatte su un territorio mostra il deficit costruttivo di alcuni edifici. La furia con cui si presenta il sisma non è tale da giustificare le immagini che usualmente vediamo: fabbricati adiacenti di cui alcuni indenni e altri parzialmente crollati o completamente collassati su se stessi.
La progettazione di un edificio presuppone la conoscenza di una regola aurea: il calcestruzzo, composto da una matrice di cemento e acqua con l’aggiunta di materiale lapideo (sabbia, ghiaia o pietrisco), non è duttile.
La duttilità di un edificio è proprietà essenziale nelle aree sismiche che rende alcuni materiali in grado di “deformarsi” quando sono sottoposti ad una forza costante.
Per rendere duttile il calcestruzzo bisogna armarlo, in base a specifici calcoli, con barre e staffe d’acciaio tali da assorbire, attraverso la loro deformazione, l’energia sprigionata dal terremoto preservando l’edificio dal collasso. E’ questo il famoso (e famigerato, per via di numerosi mostri ecologici) cemento armato.
Il concetto può essere così semplificato: quanto più un materiale è duro, tanto più è fragile e soggetto a rotture improvvise e strutturali. Al contrario, quanto più un materiale è duttile, tanto più è in grado di deformarsi in maniera plastica.
Un edificio in cemento armato, se costruito a regola d’arte secondo le norme antisismiche, offre la possibilità ai suoi occupanti di “accorgersi” della rottura. In altre parole, un edificio in cemento armato ben costruito, anche se soggetto a magnitudo molto elevate, riesce a garantire quel margine di tempo prezioso per mettersi in sicurezza.
Mentre “alcune nazioni” sembrano non voler considerare la loro natura sismica, altre come il Giappone e la California, hanno imparato a convivere con il “nemico” avvalendosi di tecniche costruttive e tecnologie che vanno ben oltre la semplice costruzione in cemento armato.
Cuscinetti antisismici disposti alla base degli edifici; uso di acciai superelastici, pilastri avvolti da fibra di carbonio che li rende estremamente resistenti alle fratture; dissipatori, ossia una sorta di enormi molle collocate tra un piano e l’altro degli edifici più a rischio. Questi sono solo alcune delle tecnologie che, se applicate, consentono ad un edificio di resistere a scosse di magnitudo 7.
In Italia, invece, persiste un deficit nella messa in sicurezza del territorio che negli anni ha sedimentato negligenze e incurie che terremoti di magnitudo elevate portano puntualmente e tragicamente alla luce.
E stiamo parlando di terremoti ben al di sotto della magnitudo 7.
Si potrebbe iniziare rendendo più leggeri i tetti dei capannoni industriali
prefabbricati utilizzando, invece del pesantissimo cemento, il molto più leggero
legno (e credo anche meno costoso).